Quanto incide nella guarigione la ricerca dell’armonia?
Il cambiamento tra la realtà che stai vivendo e quella che vorresti vivere è frutto della tua consapevolezza
L’essere umano è in armonia quando corpo, mente ed emozioni sono in equilibrio tra loro. Spesso il dolore è generato da situazioni di disarmonia scomposta, a volte croniche a volte violente, ma sempre riconoscibili rispetto ad altre patologie. Ma cosa significa esattamente?
Migliaia di libri sono stati scritti sull’argomento e questo articolo non vuole essere l’ennesimo stralcio di filosofie new-age o un richiamo alle basi di filosofie e religioni orientali.
Ho affrontato questo argomento nel mio primo libro “Felici, nella giusta proporzione” perché credo che sia la base del processo di guarigione: non il concetto in sé, ma la consapevolezza che il mio paziente deve avere di “come funzionano le cose”.
Certo non pretendo che i miei pazienti debbano fare un master di studio sull’argomento per affrontare con me una terapia riabilitativa, semplicemente offro l’occasione di indagare con loro le possibili cause della malattia per fare in modo che le mie cure siano più efficaci, brevi e durature.
Un po’ di squilibrio emozionale, o meglio, una situazione di “disequilibrio controllato” (ben diverso dalla disarmonia scomposta di cui parlavamo all’inizio) non è una malattia, ma è lo stato migliore in cui trovarsi per avere davvero il “governo” della propria vita, una vita in cui imparare ad agire giorno per giorno alla continua ricerca della nostra personale felicità, alla continua CREAZIONE della nostra personale felicità, senza necessariamente indugiare sulle cause di ciò che ci ha procurato o ci procura sofferenza ma agendo in funzione di ciò che QUI ED ORA può permetterci di ricreare lo stato di benessere perduto.
Le esperienze di tutti i giorni, personali e lavorative, l’ascolto delle mie emozioni e di quelle di chi mi confida le sue, non sempre a parole, la riflessione continua sull’essere umano e sulla variabilità delle sue condizioni, mi hanno fatto giungere alla conclusione che raramente le persone siano davvero alla ricerca di una diagnosi che inquadri il loro problema, emotivo o fisico, ma che in realtà siano soprattutto “affamate” di dialogo, di parole, di confronto, di ascolto, di un sostegno che le accompagni verso la riscoperta di ciò che, di unico, “magico” e potente, risiede dentro ciascuno, a volte assopito, a volte dimenticato, a volte mai ascoltato prima, ma presente e forte e… in attesa!
Ma cosa succede quando non riusciamo a rimanere all’interno di quello spazio di garanzia che è dato dal nostro personale range di disequilibrio possibile? Cosa succede quando interviene un fattore esterno o apparentemente tale, un’improvvisa malattia, un incidente, un lutto da elaborare, un infortunio, qualsiasi situazione che richieda un nostro cambiamento, un adeguamento o comunque una reazione alla nostra nuova realtà?
E ancora: perchè un paziente che viene da me per una riabilitazione post intervento a poco a poco inizia a migliorare mentre un altro paziente, affetto dalla stessa patologia e che ha subito lo stesso intervento, non dà segni di miglioramento?
Mi sono risposto e rispondo a voi: ogni individuo reagisce in maniera differente anche a situazioni di stress uguali o simili. Sono giunto alla conclusione che in definitiva il processo di guarigione, fisica o mentale che sia, non segue un percorso predefinito o precisi protocolli, ma cambia in base agli individui coinvolti, in base ai pazienti e in base al terapeuta. Varia indubbiamente in funzione delle condizioni fisiche pregresse o collegate all’affezione del momento, non voglio assolutamente negare a priori la componente oggettiva della malattia o il fatto che fattori ambientali esterni possano influire, voglio piuttosto portare l’attenzione sul fatto che l’esito di una terapia è spesso determinato dall’approccio mentale dei pazienti e dalla loro spinta verso la guarigione, dallo stato mentale personale del terapeuta che si dedica a loro e dalla sua apertura e disponibilità all’ascolto di un corpo che parla. Come si spiegherebbe altrimenti che di due persone sottoposte allo stesso stress ambientale o chimico, alle stesse condizioni patologiche o alle stesse abitudini alimentari, una si ammali e l’altra no? Una guarisca a seguito di una terapia e l’altra no?
La verità è che siamo unici, terapisti e pazienti, come è unico il modo in cui entriamo in relazione; ma soprattutto affrontiamo QUI ED ORA una situazione di disagio che dobbiamo indagare con mente e cuore aperti.